LATTOSIO, INDAGATO SPECIALE

Chi soffre di intolleranze alimentari sa bene come evitare le reazioni e tenere sotto controllo il problema, ma dal momento che c’è tanta confusione sull’argomento, un po’ di chiarezza non può che essere utile.

“Sono intollerante al latte: non digerisco più nulla. Evidentemente sono allergico al lattosio”. A molti è capitato di sentir pronunciare questa frase da chi non ha bene chiare le differenze tra intolleranza e allergia e non sa cosa sia esattamente il lattosio.

Partiamo dalla differenza tra allergia e intolleranza: nella prima il sistema immunitario produce anticorpi contro le proteine dell’alimento ingerito, che l’organismo individua come pericoloso. Si tratta di una risposta pressoché immediata all’ingestione di cibi "nemici" che può manifestarsi con reazioni a livello del tratto gastrointestinale, cutaneo o respiratorio, come per esempio prurito e arrossamento della pelle, difficoltà respiratorie e, nei casi più gravi, shock anafilattico. L’intolleranza alimentare, invece, è dovuta a una carenza enzimatica che impedisce la corretta digestione dell'alimento. La reazione non è immediata (l’organismo impiega ore o addirittura giorni prima di manifestare il disagio) e i sintomi possono comprendere dolori addominali, nausea e diarrea, gonfiore di stomaco, prurito e arrossamento cutaneo (questi ultimi comuni all’allergia). L’intolleranza alimentare si manifesta con reazioni che variano da individuo a individuo e non è sempre facile arrivare in tempi brevi a una corretta diagnosi.

Cause e sintomi 

L’intolleranza al lattosio è causata dalla carenza di lattasi, l'enzima in grado di digerire correttamente proprio il lattosio, uno zucchero complesso (composto da due zuccheri semplici, glucosio e galattosio) presente nel latte e nei suoi derivati: se l’enzima lattasi viene a mancare totalmente o anche solo parzialmente, ecco che arrivano i problemi.

È importante sapere che il lattosio non è presente soltanto nel latte vaccino, ma anche in quello di capra, asina, pecora e bufala e persino nel latte materno. Se si è intolleranti, una o due ore dopo averlo ingerito -ma anche a distanza di tempo maggiore, a seconda della velocità di svuotamento gastrico, che varia da soggetto a soggetto- si inizierà a non stare bene. Crampi addominali, lenta digestione, meteorismo, diarrea o stipsi, sensazione di stanchezza, mal di testa ed eruzioni cutanee, sono i sintomi più comuni

Tuttavia, questi disturbi sono riconducibili a tutta una serie di altre problematiche assai diffuse e una corretta diagnosi si potrà ottenere solo eseguendo test diagnostici scientificamente riconosciuti, come l'H2-Breath Test e il test genetico. Il primo è un esame non invasivo, che si esegue assumendo una determinata quantità di lattosio sciolta nell’acqua e soffiando -a intervalli regolari di 30 minuti per circa 4 ore- in una sacca. Dall’analisi dell'idrogeno presente nell’aria espirata si riesce a stabilire se il lattosio è stato correttamente digerito o meno. In condizioni di normalità il quantitativo di idrogeno prodotto è minimo; un eccesso di H2 è, viceversa, indice di malassorbimento del lattosio. Il test genetico, invece, definisce la predisposizione all’intolleranza studiando la composizione genetica dell’individuo. Si esegue prelevando un campione di saliva dalla mucosa orale, tramite tampone, e proprio per questo è consigliato nei bambini, che potrebbero avere qualche difficoltà a soffiare nella sacca del Breath Test.

La dieta come terapia

Risultare positivi ai test di intolleranza al lattosio può far cadere nello sconforto, ma convivere con questa problematica è possibile, a patto di rispettare alcune regole fondamentali che riguardano l’alimentazione. L’esclusione dalla dieta di tutti gli alimenti contenenti lattosio permette la remissione completa dei sintomi e una normale funzionalità intestinale. Gli alimenti che lo contengono sono principalmente quelli derivati dal latte: per esempio, il burro tradizionale, i formaggi freschi e la besciamella, ma anche alcuni insaccati e gli alimenti cucinati con l’aggiunta di panna. I formaggi a pasta extra dura, come Parmigiano Reggiano, Grana Padano o pecorino, sono naturalmente privi di lattosio e per questo consentiti, mentre quelli a pasta dura, come il groviera, sono generalmente tollerati. Meglio ancora se hanno un periodo di stagionatura lungo (superiore ai 30 mesi), perché questo processo concorre a diminuire il contenuto di lattosio, trasformandolo in acido lattico. Anzi, sono vivamente consigliati ai soggetti intolleranti per evitare eventuali carenze di calcio, minerale fondamentale per l’organismo presente in grandi quantità nel latte e nei suoi derivati ma anche in spinaci e broccoli, radicchio, cavoli e carciofi e in molti altri alimenti. 

In linea generale e dal momento che il lattosio è molto utilizzato nell’industria alimentare come addensante e conservante, il consiglio è leggere sempre con grande attenzione le etichette dei cibi (tutti, non solo di quelli lattiero-caseari), per evitare l’ingestione accidentale di questa sostanza.

Anche l’industria farmaceutica utilizza spesso il lattosio come eccipiente nella formulazione di farmaci e integratori. Normalmente questo eccipiente è presente in quantità piuttosto basse, ma in caso di intolleranze particolarmente gravi è bene parlarne con il proprio medico o farmacista di fiducia. In commercio esistono, poi, integratori alimentari di lattasi da assumere prima dei pasti in cui si sospetta che possa esserci lattosio. L'introduzione di lattasi, l'enzima in grado di digerire correttamente il lattosio, riduce il rischio che il pasto possa avere spiacevoli conseguenze. 

Le alternative al latte

Chi è intollerante al lattosio deve eliminare dalla dieta latte e suoi derivati, ma allo stesso tempo deve fare grande attenzione a introdurre tutte le sostanze essenziali (in primis il calcio) attraverso l’assunzione di validi sostituti dei latticini. Lo sono, per esempio, le bevande vegetali -di soia, di riso o di mandorle- del tutto privi di lattosio ma ricchi di calcio. E ancora, fagioli, nocciole e semi di sesamo e, tra i pesci, le sardine, che, grazie alla presenza della lisca, contengono alti quantitativi di questo prezioso minerale. Il lattosio nello yogurt è parzialmente digerito dai fermenti lattici presenti al suo interno, ma è comunque consigliabile optare per uno yogurt senza lattosio, così come per un burro chiarificato, in cui le tracce di lattosio -proprio per il processo di chiarificazione- sono inferiori allo 0,01%. In ogni caso, per legge la presenza di lattosio in un alimento va segnalata in etichetta: se non compare non è presente e si può consumare in tranquillità il cibo prescelto.

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